L’EMDR come approccio evidence-based

Nel lasso di trent’anni dalla sua scoperta, ad opera della ricercatrice americana Francine Shapiro, l’EMDR ha ricevuto più conferme scientifiche di qualunque altro metodo usato nel trattamento dei traumi.

Oggi è riconosciuto come metodo evidence based per il trattamento dei disturbi post traumatici, approvato, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010) e dal nostro Ministero della salute nel 2003. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’agosto del 2013, ha riconosciuto l’EMDR come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati.

L’efficacia dell‘EMDR è stata dimostrata in tutti i tipi di trauma, sia per il Disturbo Post Traumatico da Stress che per i traumi di minore entità.  La ricerca recente mostra che, attraverso l’utilizzo dell’EMDR, le persone possono beneficiare degli effetti di una psicoterapia che una volta avrebbe impiegato anni per fare la differenza.

Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che tra l’84% e il 90% dei pazienti che riportavano l’esperienza di un singolo evento traumatico non mostravano più i sintomi di un Disturbo da Stress Post-traumatico dopo sole 3 sessioni di EMDR da 90 minuti ciascuna. L’efficacia dell’EMDR nel trattamento del PTSD è ormai ampiamente riconosciuta e documentata, ma attualmente l’EMDR è un approccio terapeutico ampiamente usato anche per il trattamento di varie patologie e disturbi psicologici.

Data l’importanza che gli eventi traumatici (siano essi traumi singoli che cumulativi e relazionali) rivestono nello sviluppo di differenti patologie, diviene importante affrontarle attraverso un approccio che tenga in considerazione e riesca ad intervenire sull’origine traumatica di tali disturbi.

La ricerca riguardante l’EMDR è una delle prime in cui sono stati evidenziati i cambiamenti neurobiologici che si verificano durante ogni seduta di psicoterapia, rendendo l’EMDR il primo trattamento psicoterapeutico con un’efficacia neurobiologica provata. Le scoperte in questo campo confermano l’associazione tra i risultati clinici di questa terapia e alcuni cambiamenti a livello delle strutture e del funzionamento cerebrale.

Dato il riconoscimento a livello mondiale dell’efficacia di questo metodo terapeutico per il trattamento del trauma, ad oggi più di 120.000 clinici in tutto il mondo usano questa terapia. Milioni di persone sono state trattate con successo negli ultimi anni.

Quali sono le basi dell’EMDR?

L’approccio EMDR, adottato da un numero sempre crescente di psicoterapeuti in tutto il mondo, è basato sul modello di elaborazione adattiva dell’Informazione (AIP). Secondo l’AIP, l’evento traumatico vissuto dal soggetto viene immagazzinato in memoria insieme alle emozioni, percezioni, cognizioni e sensazioni fisiche disturbanti che hanno caratterizzato quel momento. Tutte queste informazioni immagazzinate in modo disfunzionale, restano “congelate” all’interno delle reti neurali e incapaci di mettersi in connessione con le altre reti con informazioni utili. Le informazioni ”congelate” e racchiuse nelle reti neurali, non potendo essere elaborate, continuano a provocare disagio nel soggetto, fino a portare all’insorgenza di patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici.

Le cicatrici degli avvenimenti più dolorosi, infatti, non scompaiono facilmente dal cervello: molte persone continuano dopo decenni a soffrire di sintomi che ne condizionano il benessere e impediscono loro di riprendere una nuova vita.

L’obiettivo dell’EMDR è quello di ripristinare il naturale processo di elaborazione delle informazioni presenti in memoria per giungere ad una risoluzione adattiva attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali. Una volta avvenuto ciò, il paziente può vedere l’evento disturbante e se stesso da una nuova prospettiva.

L’EMDR considera tutti gli aspetti di un’ esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici. Utilizzando un protocollo strutturato il terapeuta  guida il paziente nella descrizione dell’evento traumatico, aiutandolo a scegliere gli elementi disturbanti importanti.

Al termine della seduta di EMDR, quando il processo di rielaborazione ha raggiunto la risoluzione adattiva, l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo.

Attraverso il trattamento con l’EMDR è dunque possibile alleviare la sofferenza emotiva, permettere la riformulazione delle credenze negative e ridurre l’arousal fisiologico del paziente.
Questo approccio risulta efficace anche con i pazienti che hanno difficoltà nel verbalizzare l’evento traumatico che hanno vissuto. L’EMDR, infatti, utilizza tecniche che possono fornire al paziente un maggior controllo verso le esperienze di esposizione (poiché non si basa su interventi verbali), e che possono aiutarlo nella regolazione e nella gestione delle emozioni intense che potrebbero scaturire durante la fase di elaborazione.

Consultazione e psicoterapia con l’adulto

Quando un adulto consulta uno psicologo la scelta è dettata da uno stato di soffernza che può essere scatenata da diversi eventi o cause: un insuccesso lavorativo, la fine di una relazione, uno stato di isolamento, sfiducia e disistima di sé. La necessità puo essere quella di superare un ostacolo momentaneo oppure quella più a lungo meditata legata ad un’esigenza sempre crescente di approfondire aspetti di sé e del prorio passato che si ritiene abbiano un peso nel determinare quella soffernza. Spesso ci si aspetta di uscire il prima possibile da uno stato di sofferenza e nel modo più indolore possibile ma la soffernza psicologica richiede un minimo di pazienza, tempo e ripetizione per essere affrontata . Non ci sono soluzioni magiche  ma insieme al terpaueta occorre attingere alle proprie capacità riflessive per trovare nuovi significati che spieghino quello stato di sofferenza a partire dal porsi alcune domande su di se:

  • Cosa mi fa stare male ?
  • Cosa mi impedisce di stare bene con me stesso e con gli altri?
  • Quando è iniziato il mio stato di sofferenza ?

Talvolta basta una fase di cosultazione per chiarirsi le idee  altre volte la paura di affrontare la soffernza legata a certi eventi e ricordi porta ad arretrare sotterrando i problemi. Spesso invece si sente l’esigenza di affrontare in modo più approfondito quella sofferenza. Per questo non si possono stabilire tempi e durata del percorso perché dipende dai nodi del proprio malessere e da quanto tempo siamo disposti a concederci per la cura della notra sofferenza. La tecnica della spicoterapia psicodinamica integrata con l’uso dell’emdr e molto utile e proficua per affrontare diverse tematiche.

Consultazione e psicoterapia con l’adolescente

L’adolescenza è una fase della vita in cui i dubbi su se stesso, gli interrogativi sulla propria identità, l’insoddisfazione verso il proprio corpo, le tensioni con  i genitori possono costituire dei momenti di transizione difficili.

In alcuni casi  questi aspetti assumono un peso eccessivo, provocando stati di sofferenza che si protraggono o che si estendono fino ad invadere la vita del ragazzo. E’ questo un periodo in cui si costruisce la propria personalità trovandosi ad un bivio tra la possibilità di sviluppare una struttura personale solida e il riuschio di amplificarsi di certe fragilità  e questa una fase in cui si prendono le distanze dai genitori secondo un processo di separazione e individuazione del proprio sé. L’adolescente ha bisogno che gli sia riconosciuta una sua indipendenza, deve prendere le distanze dai genitori per potersi differenziare da loro. L’ambivalenza dunque nel chiedere aiuto ad uno psicologo per superare le proprie crisi evolutive è particolarmente comporensibile in questa fase. Le tematiche su cui più frequetemente si lavora riguardano:

  • crisi rispetto alla propria identità ( chi sono? cosa provo? non mi riconosco)
  • crisi rispetto al proprio progetto di vita ( cosa voglio? stati di isolamento , traumi come incidenti, traumi sessuali, maltrattamenti, lutti )
  • disagio nelle relazioni con i coetanei (timidezza, rabbia,  difficolta a farsi degli amici)
  • sofferenze in campo amoroso (essere stati lasciati,  nessuno mi vuole, paura del sesso)
  • disagio rispetto al proprio corpo che cambia  o che non corrisponde al corpo ideale )
  • dubbi sulla propria identità sessuale (mi paicciono i ragazzi o le ragazze? ho paura di essere gay o di essere lesbica) 
  • tensioni con i genitori( non mi capsicono, mi trattano come un bambino, non sanno quello di cui ho bisogno, non mi lasciano i miei spazi, non mi lasciano crescere)
  • problemi a scuola  (non mi paice quello che faccio, non mi concentro, sembro stupido)
  • angosce e paure  (terrore di stare da solo, mi blocco, ho il terrore dei giudizi)
  • ossessioni ( non riesco a non pensare a certe cose , accendo e spengo la luce continuamente )
  • pensieri e gesti autodistruttivi (pensieri suicidari, atti autolesionistici, tenati suicidi, anoressia, comportamenti spericolati, abuso di alcol e droghe)
  • somatizzazioni (stati di malessere fisico, mal di testa, mal di pancia, dermatiti)
  • rabbia

Il figlio adolescente può chiedere da sé un cosulto o farlo i suoi genitori con il suo parere favorevole. Nel caso in cui invece l’adolescnte fosse contario possono essere anche solo i genitori a chiedere un cosulto per essere supportati nella relazione con il figlio.

Consultazione Partecipata secondo il metodo di Dina Vallino

A volte i genitori hanno delle teorie sul disturbo del figlio che non corrispondono realmente alla situazione che sta vivendo. Si creano dei fraintendimenti che spesso traggono origine dalle storie familiari dei genitori che vengono proiettate nel figlio, il quale si ritrova a diventare ricettacolo di vissuti non suoi.

Nella consultazione partecipata i genitori rivestono un ruolo chiave in quanto partecipano attivamente all’osservazione del bambino guidata dal terapeuta per poi riparlarne in una seduta separata. Hanno così l’occasione di vedere il bambino per quello che è.

Viene richiesto ai genitori e al bambino di giocare, disegnare insieme  e osservare quello che accade mentre gioca e disegna commentando ciò che fa. E’ necessaria una particolare iniziativa del terapeuta rivolta verso il bambino che renda possibile il loro giocare e osservare.

Si tratta per il terapeuta di far sentire al bambino che lui, che è giudicato in società “rotto” e che si sente “rotto” , è invece considerato dal terapeuta un bambino interessante  cui è rivolta tutta la sua attenzione e comprensione.

Il bambino che si sente capito e ascoltato  e interessante per il terapeuta lascia cadere la rimozione o altre difese e inizierà a disegnare o a giocare in modo più libero: rivelerà qualcosa di sé. Si risveglierà in lui la sua pulsione affettiva e di coseguenza anche nei genitori.. Così si riattiverà tra loro il legame affettivo andato in crisi e motivo dei sintomi.

Il bambino deve poter fare emergere la propria esperienza emotiva e non può farlo se questa non viene compresa dai genitori.

Punto centrale della consultazione è realizzare un contatto col bambino che renda visibile la sua esperienza emotiva per non rischiare che rimanga solo e venga travolto da pensieri ed emozioni irruenti e travolgenti.

Occore per questo prestare attenzione all’atmosfera emotiva che si crea nella stanza, sguardi, gesti movimenti, toni di voce, piccoli dettagli, sfumature che danno il senso di un caos a cui bisogna dare un nome rispondendo in modo delicato e creativo.

Il racconto e la storia inventata rappresentano uno strumento cardine che favorisce lo sviluppo di un “luogo immaginario” nel quale il bambino per sua natura è gia immerso, dove possono essere messi in scena ed elaborati i suoi vissuti.

Consultazione e psicoterapia con i bambini e sostegno alla coppia genitoriale

Nel caso di bambini da zero a due anni occorre lavorare sulla reazione tra il bambino e i suoi genitori ed in particolare con la madre. Il piccolo può comunicare il suo malessere attraverso canali non verbali come il pianto, lo sguardo e alcune azioni motorie. I genitori cercano di immedesimarsi con lui per interpretare i suoi bisogni ma nel farlo possono creare alcune inconsapevoli distorsioni o fraintendimenti. Si fa inevitabilmente i conti con l’immagine dei propri genitori  come si è andata costruendo dentro di sé e in piu occorre fare i conti con lo scarto tra il bambino immaginato e quello reale. Madre e piccolo possono trovare una buona sintonizzazione  cioè una certa intesa corporea ed emotiva oppure una depressione materna post partum,  un senso di estraneità verso il proprio figlio, una difficoltà a tollerare la dipendenza del proprio piccolo da sé questo possono determinare alcuni disturbi legati all’alimentazione, disturbi del sonno, pianti inarrestabili.

Alla lunga questo provoca nei genitori un senso di frustrazione, di sofferenza per la condizone del bvambino di insicurezzae di rabbia verso il piccolo. Gli interventi su bambini cosi piccoli sono il piu delle volte risolutivi proprio grazie all’estrema capacità trasformativa che il neonato ha.

Negli anni successivi della crescita si puo capire che qualcosa non va se le tappe evolutive presentano dei rallentamenti o dei blocchi. Il conivolgimento dei genitori è sempre necessario nel trattamento.

Ci possono essere aspetti di disagio naturali e fisologici durante la crescita per distinguere quello che è normale da quello che non lo è occorre osservare e sintonazzirsi con la sofferenza o le difficoltà che il bambino sta attraversando in quel momento specifico del suo percorso evolutivo affinche il disagio non si cristallizzi.

Problematiche

  • Situazioni di  blocco emotivo
  • disturni alimentari
  • difficoltà nella defecazione o minzione
  • disturbi del sonno
  • aggressivita
  • pronùblemi di attenzione concentraziuone
  • dsiturbio dle linguaggio
  • problemi di apprendimento
  • isoloamnetotimidezza spiccata
  • gelosia verso un fratellino o sorellina
  • separazione della coppia genitoriale
  • malattia o morte di un genitore

Il bambino si esprime non solo attraverso la parola ma anche tramite il gioco e il disegno, il racconto dove il bambino può esprimere liberamente le proprie angosce, i propri conflitti, il proprio modo di vedere il mondo, se stesso , i suoi familiari e i coetanei.

Le paure e le angosce con cui i bambini devono confrontarsi sono parte del suo percorso di crescita. La piu grande delle paure è q  uella di ritrovarsi da solo in un luogo sconosciuto e abbandonato ed è legata alla paura della perdita dei genitori. La fiaba è basata sul fatto che il protagonista deve affrontare pericoli e sconfiggere chi lo minaccia essendo solo con l’aiuto di qualcuno. Come genitori a volte abbiamo paura di parlare ai nostri figli dei lati tristi e dolorosi dell’esistenza. Pensiamo che non siano abbastanza grandi e che non possano capire. I bambini in realtà capiscono molto più di quello che immaginiamo. Occorre chiaramente trovare un linguaggio adeguato all’età  che hanno, alle loro specifiche caratteristiche e alla loro fase di vita.

Le fiabe possono essere un mdo attraverso il quale affrontare certe tematiche, paure e passaggi evolutivi. La fiaba per esempio affronta spesso il tema della perdita e della morte. I bambini, anche se hanno paura, vedono e rivedono contuamente alcune favole perche hanno bisogno di elaborare, di capire quello che sta succedendo nella loro vita. Hanno bisogno di fantasticare, immaginare  e in questo modo tarsformano le paure e trovano delle soluzioni che gli permettono di andare avanti con la loro vita. Un altro tema importante è quello dell’ambivalenza dei sentimenti.

Ci illudiamo che i nostri figli provino solo amore nei nostri confronti. In realtà hanno sentimenti ambivalenti verso di noi di amore e odio;  per questo la matrigna cattiva e l’orco malvagio rappresnetano quelle parti cattive che riconoscono essere presenti dentro i loro genitori. Questo gli da modo di capire che non sono i soli a provare questo genere di sentimenti. Se un bambino pensa di essere il solo a provare sentimenti negativi finirà in fatti per sentirsi un mostro orribile. Se i genitori sono spaventati dalle manifestazioni di aggressività di un figlio questo le deve trattenere dentro di se temendo di sentirsi un mostro se le prova e le esprime. Le fiabe sono uno spaccato delle paure dei bambini. Se un adulto fatica ad immedesimarsi con le angosce del piccolo questo accade perche a sua volta si è tenuto alla larga dalle sue parti infantili o nemmeno lui le ha mai potute esprimere. Leggere una fiaba per l’adulto diventa il modo per riavvicniarsi a quegli aspetti infantili dimenticati e a creare un terreno condiviso con il piccolo. Attraverso le soluzioni che il protagonista trova  rispetto alle difficoltà e agli ostacoli che incontra anche il bambino comincerà ad immaginare che anche le situazioni più avverse possono essere in qualche modo fronteggiate e sul piano emotivo potrà sentirsi spinto a trovare una personale soluzione alle sue paure. Leggere una fiaba ha un profondo valore  è un momento di intimità e condivisone . Il bambino ha così modo di esprimere i suoi timori. Le fiabe inoltre utilizzano un linguaggio che evoca immagini o ne facilita la creazione così che ogni volta che il bambino la ascolta costruisce un ulteriore pezzetto di elaborazione personale della propria storia.

Consultazione e psicoterapia con le coppie

Quando una coppia funziona favorisce lo sviluppo emotivo e la crescita personale di entrambi i partner. Quando questo benefico effetto viene perso la coppia agisce conmportamenti che generano soffernza reciproca  dove ognuno rischia di concentrarsi solo sulle colpe dell’altro attraverso litigi e discussioni che sovente ripetono lo stesso copione con la sensazione di un’incomprensione reciproca senza fine.

Nell’intervento sulla coppia si cerca di permettere una presa di consapevolezza delle dinamiche di coppia, delle modalità comunicative e delle aspettative inconsce depositate sull’altro.

La terapia mira a ristabilire, recuperare o generare risorse che permettono al legame di divenire fonte di benessere per i partner anziché causa di sofferenza. L’obiettivo non è necessariamente però quello di tenere unita la coppia a tutti i costi.

In alcuni casi si puo anche arrivare a decidere di separarsi.

Le problematiche di coppia possono riguardare il passaggio dall’innamoramento all’amore dove all’idillio iniziale si sovrappone la delusione a volte troppo elevata rispetto alle caratteristiche del partner che non piacciono e che sosvente sono anche tratti di uno o di entrambi i propri genitori ricercati incosciamente nel partner e vissuti con ambivalenza.

Il legame di coppia può limitare molto l’indipendenza con il senso di soffocamento che ne può derivare. L’arrivo di un figlio genera un cambiamento irreversibile nella coppia.

L’equilibrio della coppia viene scosso e uno nuovo se ne deve creare che si dovrà continamente modificare a seconda della fase specifica di crescita del figlio.dall’infanzia all’adolescenza, fase delicata del processo di crescita che rompe gli equilibri familiari e di coppia.

Quando i figli se ne vanno poi la coppia che per anni ha investito prevalentemente sul ruolo genitoriale deve ritrovare la propria identità di coppia sentimentale. A questo si aggiugono le problematiche sessuali che possono assumere significati, forme e coseguenze diverse da coppia a coppia; l’inefertilità con i problemi legati al senso di inadeguatezza della coppia, alla rottura dell’intimità , all’invasività dei trattaementi, al dolore e alla delusione per gli insuccessi;  la malattia grave di un partner che in modo particolare puo geneareun senso di disorientamento e  dei blocchi comunicativi dovuti  al timore di condividere le angosce di morte o legate all sofferenza fisica.

Come aiutare i bambini ad elaborare il trauma

E’ necessario dare messaggi chiari, trasmettere al bambino le informazioni in modo aperto e sincero, soprattutto riguardo quello che è successo, quello che sta succedendo e quello che succederà.

Le spiegazioni devono tenere conto ovviamente dell’età del bambino. I genitori sono le persone più indicate per informare e preparare il bambino, se questo non è possibile allora deve farlo una persona che il bambino conosce bene, di cui si fida.

Deve esserci il tempo e la tranquillità necessaria per parlare. L’adulto deve ascoltare le domande del bambino e rispondere con sincerità, accettare e rispettare le emozioni del bambino.

I bambini reagiscono in modo diverso, alcuni piangono o protestano oppure negano la realtà, altri dimostrano apatia e si comportano come se non avessero sentito quello che gli è stato appena spiegato, ma devono avere la possibilità di poter riprendere l’argomento con le loro domande e di ricevere risposte sincere.

Se non ci sono risposte, allora bisogna dirlo al bambino, i bambini questo lo capiscono.

È importante ricorrere a volte al supporto di uno psicoterapeuta, soprattutto se le persone con cui vive il bambino non sono in grado di aiutarlo.

L’intervento terapeutico è in genere di breve o media durata ed è importante non solo per risolvere il problema emotivo post-traumatico ma anche come prevenzione di difficoltà future.

il trauma nei bambini

I bambini e le loro emozioni

I bambini e le loro emozioni

Le reazioni di un bambino alle diverse situazioni in cui è coinvolto sono diverse, a seconda della loro età evolutiva e dell’importanza emotiva dell’evento, della violenza o della perdita.

I bambini, in genere, hanno difficoltà a verbalizzare le loro emozioni. Le emozioni vengono espresse attraverso irrequietezza, agitazione, scoppi di rabbia, paura del buio, problemi di sonno, incubi e paura dell’abbandono.

Possono anche riferire sintomi fisici come mal di testa o di stomaco.

Quando i bambini scoppiano a piangere o diventano molto tristi apparentemente senza motivo, allora può voler dire che stanno lottando con il dolore e che hanno bisogno di aiuto.

Il trauma nei bambini

Come aiutare i bambini ad elaborare il trauma

Il Trauma nei bambini

Il TRAUMA INFANTILE può essere definito come la conseguenza mentale di un evento esterno e improvviso o di una serie di eventi altamente stressanti che provocano una sensazione di impotenza nel bambino e che determinano una rottura delle abituali capacità di coping da lui messe in atto.

L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale, soprattutto quella legata alle esperienze nei primi anni di vita.

Le esperienze negative e traumatiche subite in età infantile sono in genere presenti in modo diffuso, vengono sottovalutate e diventano comunque una fonte primaria di disagio. Qualsiasi esperienza in cui il bambino sperimenta oppressione, paura o dolore, insieme ad una sensazione di impotenza, può essere considerato un trauma infantile. I bambini che, durante l’infanzia, hanno sperimentato traumi ripetuti (sia di natura relazionale che ambientale) e che non possono contare su una buona relazione di attaccamento con le proprie figure genitoriali, sono caratterizzati da traiettorie di sviluppo estremamente carenti e danneggiate. Questo è dovuto al fatto che i bambini sono molto impressionabili e il loro livello di esperienza non è tale da dare loro una visione equilibrata della vita e di loro stessi. Tendono a fidarsi molto degli adulti, soprattutto delle figure genitoriali che hanno una grande credibilità ai loro occhi. Quindi, se l’adulto fa o dice qualcosa di negativo o di grave il bambino attribuisce la colpa a se stesso, non ai problemi dell’adulto.

I bambini provano dolore nello stesso modo degli adulti quando vengono esposti a eventi gravi come la morte di un familiare o una malattia o una violenza nei loro confronti. Quindi, i bambini sono soggetti a provare stati di ansia ed emozioni come rabbia, colpa, tristezza, mancanza e senso di impotenza.

La capacità dei bambini di provare questo tipo di dolore è in genere sottovalutata, probabilmente questo è dovuto al fatto che si esprimono con modalità diverse da quelle degli adulti. Inoltre, nella nostra cultura abbiamo la tendenza a proteggere i bambini dal dolore e dalla sofferenza. Indipendentemente dal fatto di essere stati coinvolti direttamente nell’evento, i bambini si rendono conto e sentono quando succede qualcosa di grave.

Se si tace o si è vaghi riguardo all’evento, si lascia il bambino da solo con i suoi pensieri, con la sua immaginazione, con domande senza risposta e con tutta l’incertezza che questo crea. Se non viene data alcuna informazione lasciamo il bambino alle sue fantasie, che in genere sono peggio della realtà. Le fantasie negative possono provocare un senso di ansia e di terrore che lasciano segni permanenti che si manifestano in seguito come vulnerabilità fisica o psichica.

I bambini che hanno vissuto delle esperienze altamente stressanti e traumatiche fin da piccoli, hanno la tendenza a rimettere in atto i loro traumi attraverso il comportamento. Essi possono infatti presentare alcune risposte tipiche determinate da questi fratture nello sviluppo, come ad esempio l’acting out e l’evitamento.

Le risposte a cui i bambini che hanno vissuto eventi traumatici possono andare incontro sono molte; esse possono variare da una breve reazione da stress che si risolve in modo spontaneo, ad una sindrome più complessa definita come Disturbo Post-Traumatico Complesso.

Il supporto di uno psicoterapeuta è necessario, soprattutto se le persone con cui vive il bambino non sono in grado di aiutarlo. L’intervento terapeutico è in genere di breve o media durata ed è importante non solo per risolvere il problema emotivo post-traumatico ma anche come prevenzione di difficoltà future.

I bambini e le loro emozioni

Come aiutare i bambini ad elaborare il trauma