La depressione

La depressione, detta anche melanconia, è un’alterazione del tono dell’umore verso forme di tristezza profonda con riduzione dell’autostima e bisogno di autopunizione.

Le forme più frequenti di depressione fanno la loro comparsa dopo l’età media, quando diventa più difficile sperare nella vita perché il futuro è già in parte determinato dalle scelte compiute in precedenza.

Fasi depressive attraversano la vita di tutti gli uomini come episodi legittimi e comprensibili dove il soggetto è di solito consapevole di poterle superare da sé. Quando questa consapevolezza viene meno allora lo squilibrio depressivo assume caratteristiche psichiatriche che necessitano di un aiuto esterno.

Ci sono depressioni somatiche che hanno origine da malattie organiche e depressioni endogene che hanno una causa interna non organica e si dividono in monopolari, con fasi solo depressive, e bipolari con alternanza di fasi depressive e maniacali(euforia spiccata)

Infine abbiamo le depressioni psicogene che sono reattive ad un’esperienza vissuta come perdita: lutti, delusione amorosa, la frustrazione delle proprie aspettative, l’insuccesso nell’affermazione sociale.

Sintomi prevalenti sono: inappetenza, insonnia, diminuzione dell’interesse sessuale, tristezza profonda, senso di colpa,sentimenti di indegnità e autodisprezzo, perdita di iniziativa e progettualità, ideazione povera, pensiero rallentato, tendenza al suicido e desiderio di morte.

Il nucleo della depressione è formato da un’immotivata profonda tristezza alla quale si aggiunge un’inibizione di tutte le attività.

Il passato non passa mai e non concede al presente di accadere e al futuro di avvenire. La perdita di un amore, di una carriera… sono simboli di una perdita più ampia che è quella del presente e del futuro perché le dimensioni del passato si sono dilatate. Il presente diventa il tempo dell’incessante lamento, il futuro diventa l’ambito di vuote intenzioni.

In termini psicoanalitici si parla di melanconia come reazione alla perdita di un oggetto amato che non sia morto veramente ma che è andato perduto come oggetto d’amore a causa di una reale mortificazione o di una delusione subita dalla persona amata; questa relazione fu gravemente turbata. L’esito non è lo spostamento su un nuovo oggetto ma l’ utilizzo della melanconia per instaurare una nuova identificazione dell’io con l’oggetto abbandonato.

L’ombra dell’oggetto cade cosi sulla persona che finisce per giudicarsi come l’oggetto abbandonato. La perdita dell’oggetto diventa perdita dell’Io.

La melanconia sembra essere dunque una grave offesa all’autostima avvenuta nell’infanzia che ha minato la fiducia del soggetto in se stesso. Emerge un’ambivalenza tra il desiderio di distruggere gli oggetti interni da cui si è dipesi e l’impossibilità a sganciarsi da essi.

Secondo la Klein la depressione deriva dall’incapacità del bambino a collocare il suo oggetto buono e amato all’interno dell’Io. Questo determina un sentimento di cattiveria che non riesce ad essere protetto all’esterno e resta cosi incorporato nell’immagine di sé.