Disturbi Alimentari
Anoressia e bulimia sono due facce della stessa medaglia. Esprimono attraverso il corpo e il rapporto con il cibo un problema rispetto alla dipendenza dalle figure parentali e dal modo in cui questo rapporto si è andato strutturando.
L’anoressia indica la realizzazione dell’ideale, cioè l’indipendenza dall’oggetto-cibo, mentre la bulimia indica il fallimento di questo ideale e il prevalere sulla scena del reale pulsionale che si manifesta con l’introduzione di grosse quantità di cibo e che conferma la dipendenza dall’oggetto. L’anoressica realizza una padronanza e un controllo rigorosi, la bulimica manifesta il fallimento di questo sistema di controllo. Quando l’anoressica rifiuta il cibo non fa altro che rifiutare ciò che proviene dall’altro allo scopo di conquistarsi un suo spazio in cui essere finalmente se stessa. La bulimica trova invece insostenibile sia il pieno, quello cioè che viene dall’altro, sia il vuoto, cioè la sua assenza.
Ciò che l’anoressica, con determinazione e successo e la bulimica, in modo fallimentare cercano di fare è tenere lontano da sé una madre molto sollecita sul piano materiale ma che insieme al cibo non passa il proprio desiderio ed amore.
Nel romanzo familiare di queste ragazze è comune il personaggio di una madre invadente e perduta nel proprio narcisismo e di un padre debole, inaffidabile, pauroso o seduttivo. Cibo e corpo rappresentano qualcosa su cui concentrare l’attenzione perché non attrezzati ad affrontare le vere difficoltà psicologiche. Spesso si tratta di famiglie in cui i genitori proiettano sui figli l’ansia che li aveva dominati nel passato. Impedendogli di crescere e di diventare autonomi, esercitando forme di controllo, che passano anche attraverso un atteggiamento autoritario, che prevede anche l’uso della violenza. Il cibo e la sua privazione finiscono per colmare un vuoto interiore immenso, che impedisce di trovare se stessi.
Quello che manca è la possibilità di perseguire una propria autonomia e realizzazione autentica di sé, perché sacrificate alle esigenze dei genitori e ad un’ideale di perfezione. Si tratta peraltro di disturbi collocati in una cultura del narcisismo, dove si persegue il successo ad ogni costo, l’apparenza, il materialismo.
Come convertire in rappresentazioni e parole i conflitti e le emozioni che si esprimono soltanto attraverso l’oscuro linguaggio del corpo’ ? …Bisogna sentire parole che non furono mai dette, rimaste nel fondo dei cuori; bisogna far parlare i silenzi della storia (J. Michelet)